Epigrafisti maceratesi a Cirene
print this pageCon la chiamata, nel 1970, del Prof. Lidio Gasperini e l’attivazione della cattedra di Epigrafia romana prendeva il via presso l’Università di Macerata un filone di ricerca sulla documentazione epigrafica, greca e latina, della Cirenaica (Libia), che era anche la continuazione per il Prof. Gasperini di un’esperienza di lavoro iniziata nel 1957, allorché con l’apertura di una Missione archeologia Italiana – ad opera del Prof. Sandro Stucchi, titolare di Archeologia presso l’Università di Urbino - riprendeva lo studio dei monumenti antichi di questa regione interrotto dalla Seconda guerra mondiale (figure 1-3).
Nell’aprire la nuova pagina dell’impegno dell’archeologia italiana in Cirenaica lo Stucchi capì che la stagione dei grandi scavi, che aveva caratterizzato l’attività tra le due guerre, era ormai finita e che il compito che si presentava ora all’archeologo era quello del restauro (in qualche caso anche dell’anastilosi), nonché dello studio e della pubblicazione dei monumenti riportati alla luce in precedenza. Tra le molteplici competenze scientifiche (oltreché tecniche) necessarie, e via via attivate, lo Stucchi ritenne bene di avvalersi anche dell’opera di un epigrafista ed arruolò a questo scopo Lidio Gasperini, il quale, a partire dagli anni 70 del secolo scorso, coinvolse poi in questa particolare esperienza di ricerca i suoi allievi maceratesi: Gianfranco Paci, Silvia M. Marengo e, da ultimo, Simona Antolini.
Lo studio dell’epigrafia cirenaica presentava delle caratteristiche molto particolari. Innanzitutto, in ragione della lunga e complessa storia di questa regione, che ebbe inizio con la fondazione della colonia greca di Cirene nel631 a.C. e prosegui poi con la creazione della provincia romana, essa richiedeva una padronanza sia dell’epigrafia greca, largamente preponderante, sia dell’epigrafia in lingua latina (figura 6). In secondo luogo l’epigrafista della missione era chiamato, anzitutto, ad un costante dialogo con l’archeologo in merito al monumento o all’edificio, corredato di testo epigrafico, che era via via oggetto dell’intervento programmato, e a rapportarsi dunque con tutte le problematiche che un testo connesso ad un monumento o ad un edificio poteva sollevare. Ne nacque così una particolare sensibilità per talune problematiche, come quella del rapporto testo epigrafico e supporto monumentale, che ha portato ad acuire l’interesse per taluni aspetti metodologici della stessa disciplina epigrafica – come: iscrizione e supporto, epigrafia e monumento architettonico, reimpiego e fasi epigrafiche – e che hanno poi costituito elementi caratterizzanti della Scuola maceratese.
Frutto di questo pluridecennale impegno è stato altresì un gran numero di pubblicazioni, alle quali corrisponde, accanto alla rivisitazione di testi già noti, l’acquisizione di tanti documenti di straordinario interesse, come ad es., per citarne solo alcuni, la dedica ad Opheles, l’alfabetario arcaico, le laminette plumbee iscritte dall’Agorà, la base di Gaio Clodio Pulcro, l’antichissima dedica ai Dioscuri (figura 2), la stele dei sacerdoti di Apollo (figura 4), i nuovi frammenti dei conti dei damiurgi (figura 5), le arule iscritte del santuario di Demetra, ecc.
Gianfranco Paci