Quattro generazioni di archeologi maceratesi

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Nel 1968, dopo quattro anni dall’istituzione della Facoltà di Lettere e Filosofia il Prof. Antonino Di Vita vi assumeva la cattedra di Archeologia e Storia dell’Arte greca e romana. Da quel giorno è nata la storia di quattro generazioni di archeologi che a Macerata, sotto il suo magistero, hanno avviato la loro formazione e la cui attività si è esercitata sia in Italia, sia, soprattutto, all’estero grazie alle numerose missioni che lo stesso Professore, ha avviato e seguito per tutta la sua carriera.

Preside dal 1970 al 1974, poi Rettore dal 1974 al 1977 fino al comando come Direttore della Scuola Archeologica Italiana di Atene (S.A.I.A.) il suo primo obiettivo a Macerata è stato quello di strutturare un percorso di studi che completasse la formazione dei giovani che volevano avviarsi al “mestiere” di archeologo moltiplicando e diversificando gli insegnamenti a cui furono chiamati alcuni fra i più prestigiosi studiosi italiani. 

Vennero così istituite, nel 1974, la cattedre di Paletnologia e quella di Etruscologia ed antichità italiche mentre si affrontavano i primi studi sul medioevo e successivamente, nel 1978, quella di Numismatica e quindi, nel 1982, quella di Archeologia cristiana affidata al Prof. Aldo Nestori.

In questi anni, grazie anche alla presenza dei suoi allievi maceratesi e a quella di giovani studiosi venuti da altri atenei, risultavano attivi insegnamenti che coprivano tutti i principali ambiti disciplinari archeologici ed un Laboratorio di Archeologia, funzionale alle ricerche, cui afferì, prima, Antonio Chighine e quindi Marzia Giuliodori e Gilberto Montali. 

Ma tale attività aveva anche l’obiettivo di avviare e potenziare ricerche scientifiche non solo in campo nazionale ma anche internazionale.

Nella sua impostazione un ruolo di grande importanza ha avuto, certamente, la “riscoperta” del territorio delle Marche; maestro di metodo è stato quindi nell’aver instaurato fecondi rapporti di collaborazione con Enti territoriali, Soprintendenze, e musei civici, nella condivisione degli obiettivi della tutela, dello studio e della valorizzazione del patrimonio archeologico della regione.

Ma la sua più significativa eredità è legata alle ricerche nel Mediterraneo “palestre” grazie alle quali ha ampliato gli orizzonti scientifici ed umani dei suoi studenti e collaboratori, conducendo Macerata a confrontarsi e a collaborare con le più importanti équipes italiane e straniere nei luoghi più significativi dell’archeologia mediterranea, dall’Africa alla Grecia.

Già dal 1968 opera in Africa, prima in Libia (a Leptis Magna e Sabratha), quindi in Tunisia (a Cartagine, negli anni’70 e recentemente ad Althiburos) e poi in Algeria (al Medracen e al Nador, negli anni ‘70). A questa attività è legato oggi sia il “Centro di ricerca e documentazione sull’archeologia dell’Africa settentrionale”, che dal 2014 porta il suo nome, sia il Dottorato di ricerca sull’Africa romana oggi purtroppo sospeso a causa di problemi economici.

Più tardi, dal 1978, una volta Direttore della S.A.I.A., coinvolse il nostro Ateneo nelle ricerche a Gortina di Creta attraverso l’avvio di una missione, tuttora attiva.

Ma la S.A.I.A. è stata anche un luogo di formazione per i ricercatori che afferiscono oggi al Dipartimento di Studi Umanistici, alcuni dei quali proprio negli anni di vita ateniesi hanno potuto formarsi grazie allo studio ed al confronto con colleghi provenienti da tutto il mondo.

Tale opera è oggi proseguita da altri studiosi e colleghi archeologi che lo hanno affiancato o gli sono subentrati, aggiungendo ulteriori campi di ricerca.

Si è giunti infatti alla quarta generazione di archeologi maceratesi e l’insegnamento e l’impostazione metodologica avviate alla fine degli anni ’60 dal Prof. Antonino Di Vita costituiscono un inestimabile patrimonio per lo Studium Maceratense. Interpretando, seguendo il suo esempio, in una ottica sempre moderna, curiosa, interdisciplinare, aperta alle contaminazioni ed al dialogo con i paesi del Mediterraneo il “mestiere dell’archeologo”, all’Ateneo oggi è riconosciuta, in Italia e all’estero, una eccellenza non solo in termini di ricerca scientifica, ma anche di gestione dei rapporti con i territori, di internazionalizzazione e di capacità di confrontarsi con quei temi della tutela, gestione e valorizzazione che sono al centro delle moderne politiche per la “terza missione” dell’Università. 

Roberto Perna