Storia romana ed Epigrafia romana: una peculiarità e una carta di presentazione dell’Università di Macerata
print this pageL’insegnamento della storia romana presso l’Università di Macerata ha avuto inizio (nel 1968) con una figura di grande spessore, il Prof. Fulvio Grosso, neo vincitore di concorso a cattedra, autore di una importante monografia sull’imperatore Commodo, ancora oggi fondamentale, e di alcuni lavori sui Severi. Ma sua presenza nella nostra Università fu effimera, perché fu presto colpito da un male inesorabile. Nel 1970 veniva chiamato a sostituirlo il Prof. Lidio Gasperini, neo vincitore di concorso. Con il suo arrivo fu attivata la Cattedra di Epigrafia romana, mentre egli tenne per incarico l’insegnamento della Storia Romana per alcuni anni, finché non gli subentrò il Prof. G. Bonamente.
Fu proprio l’attivazione della Cattedra di Epigrafia romana a costituire allora una peculiarità dell’Università di Macerata. Ciò perché l’insegnamento della storia romana che, per effetto di una riforma universitaria varata nella prima metà del secolo si chiamava propriamente “Storia romana con esercitazioni di epigrafia romana”, aveva finito in pratica per decretare la morte di quest’ultima, al punto che in Italia non c’era più chi sapesse leggere e pubblicare un’epigrafe.
Fu Attilio Degrassi, istriano d’origine, che aveva fatto gli studi universitari a Vienna, ad apprendere i rudimenti di questa disciplina e ad insegnarla poi in Italia: prima a Padova, poi dal1962 aRoma. A Roma si formarono i primi allievi, tra cui il Prof. Gasperini, appunto, che risultò poi vincitore del concorso a cattedra. Quella di Macerata fu dunque la prima cattedra di Epigrafia in Italia, istituita insieme ad un’altra a Cagliari e seguita a breve da una terza, a Roma. Gasperini, giunto a Macerata, acquistò subito la biblioteca del Degrassi, nel frattempo scomparso, dotando così l’allora Istituto di Storia antica di un materiale importante per la ricerca. Quindi iniziò l’insegnamento di questa disciplina, raccogliendo presto introno a sé alcuni allievi. Gasperini giungeva a Macerata con all’attivo alcuni esperienze di ricerca di grande interesse: sull’epigrafia della Cirenaica (Libia), di Taranto, dell’Etruria meridionale, ecc.
Ma a Macerata egli aprì presto un nuovo filone di ricerca, imperniato sullo studio dei documenti antichi della nostra regione. Il progetto ebbe il titolo “Ricognizione e studio del patrimonio epigrafico delle Marche”. Oggetto ne era una documentazione il cui studio, al di la di incursioni occasionali ad opera di studiosi locali, era rimasto sostanzialmente fermo alla pubblicazione del Corpus ad opera dei tedeschi nell’Ottocento. Gasperini tracciò la strada con alcune sue pubblicazioni esemplari e spinse gli allievi a proseguire. Nacque così una scuola: la scuola di epigrafia dell’Università di Macerata, riconosciuta presto in campo scientifico. Quel progetto portò infatti: 1) alla rivisitazione della documentazione epigrafica già edita, che non di rado offriva la possibilità di letture migliorative e di nuove edizioni; 2) all’acquisizione dei tantissimi documenti venuti alla luce dalla fine dell’Ottocento ad oggi e rimasti inediti; 3) all’approfondimento di tematiche storico-istituzionali ed epigrafiche; 4) infine alla pubblicazione di una quantità enorme di lavori, costituiti da articoli in riviste e in opere miscellanee, da relazioni in Atti di convegni nazionali ed internazionali, da monografie. Quel progetto sostenuto per oltre un decennio dal magistero di L. Gasperini è poi continuato, dopo che il Maestro passò alla II Università di Roma, ed è tutt’ora in piedi e vitale. Da esso ha preso il via, a partire dal 1981, una rivista a cadenza annuale, ora giunta al 35° numero: “Picus. Studi e ricerche sulle Marche nell’antichità”. Questo periodico mettendo insieme il lavoro di diverse discipline specialistiche (l’archeologia, storia, epigrafia) ha contribuito a modificare profondamente il quadro delle conoscenze sul territorio indagato: ci si riferisce non solo all’acquisizione di tanti documenti epigrafici nuovi, in alcuni casi molto importanti, ma anche alla soluzioni di annose questioni, come l’identificazione del sito di Planina menzionata da Plinio il Vecchio ma sempre rimasta nulla più che una notizia, nonché al compimento di vere e proprie scoperte (così a proposito di Urbs Salvia, di cui dapprima è stato possibile ipotizzare, sulla base di alcuni documenti epigrafici, l'origine come colonia nel II secolo a.C., e poi dimostrare sulla base di altri la sua avvenuta fondazione in età graccana; sulla viabilità regionale sulla quale il c.d. lapis Aesinensis ha apportato informazioni insospettate), per non citare che qualche aspetto saliente. Ma quel progetto ha soprattutto posto le basi metodologiche per lo studio dello stesso territorio anche in prospettiva.
Gianfranco Paci