Macerata e l'archeologia in Libia: 45 anni di ricerche archeologiche

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Era il 1962 quando Antonino Di Vita, giunto in Libia come adviser del governo libico per la Tripolitania, iniziò i suoi scavi e le sue ricerche il Libia, restandovi tre interi anni (figure 1-3). Tornato in Italia e chiamato ad insegnare nell’Università di Macerata coinvolse subito l’Istituzione negli scavi e nelle ricerche in Africa svolgendovi missioni ininterrottamente fino al 2011, e avviando un ambizioso progetto di ricerca, scavo ed edizioni dei monumenti africani, volti a pagare quei debiti scientifici che gli Italiani vi avevano contratto prima della II guerra mondiale. Subito i suoi interessi scientifici sono stati rivolti a Leptis con l’impegnativo scavo dell’anfiteatro (figura 4), con le ricerche su alcuni dei più importanti e straordinari monumenti leptitani, l’arco tetrapilo (vedi poster), il foro severiano (figura 5), il porto, il tempio di Serapide, sullo sviluppo urbanistico della città (figura 6), e poi a Sabratha.

Qui si intrapresero estesi scavi stratigrafici – tra i primi effettuati in Africa – nella regio VI, e si esplorarono il tophet e le necropoli romane, le tombe dipinte e l’area sacro-funeraria di Sidret el-Balik, monumenti salvati prima dalla distruzione, e poi sottoposti a complesse operazioni di restauro tuttora in corso.

Un impegno possibile grazie alla collaborazione che ancora oggi continua con il Department of Antiquities di Tripoli e con le Soprintendenze locali, grazie all’amicizia fraterna e al rispetto reciproco che ha sempre legato i colleghi libici a quelli italiani, grazie ai tecnici che si sono succeduti nei lunghi anni trascorsi in Libia, e a tutti coloro, docenti ed allievi, che hanno condiviso entusiasmo e passione nell’opera di salvaguardia, restauro, anastilosi, valorizzazione di alcuni tra i più importanti complessi di età ellenistica e romana dell’Africa settentrionale. Molti sono i monumenti affidati dal Dipartimento libico all’Università Macerata, per i quali in collaborazione con il Politecnico di Bari sono stati avviati numerosi e impegnativi progetti di rilievo e restauro conservativo (con il cofinanziamento del Ministero degli Affari Esteri), oltre che ricostruzioni eseguite in 3D (circo, Foro severiano, curia di Leptis). Accanto alle operazioni di scavo, restauro e valorizzazione rivolte al patrimonio archeologico in Libia, nella convinzione che ogni dato deve essere conservato come un tassello utile nella ricostruzione storica, Antonino Di Vita crea a Macerata nel 2001 un importante archivio sulle ricerche effettuate in Nord Africa per più di un secolo, il “Centro di documentazione e ricerca sulla archeologia dell’Africa romana”, dallo scorso anno a lui intitolato, che è frequentato da studiosi italiani e stranieri.

Anche altre aree del Nord Africa hanno visto la partecipazione di Macerata in importanti ricerche archeologiche: in Tunisia ha preso parte al progetto UNESCO per la salvaguardia di Cartagine, e dal 2007 è impegnata in campagne di scavo e restauro ad Althiburos, mentre in Algeria tra gli anni ’70 e ’80 è intervenuta nel progetto di rilievo e restauro del Medracen e nello scavo della fattoria romana del Nador.

 Maria Antonietta Rizzo